Gabriele D'Annunzio: la vita
Nasce a Pescara nel 1863 da una famiglia medio-borghese. Studia al collegio Cicognini di Prato, una dei più prestigiosi d’Italia, quindi si stabilisce a Roma, dove si iscrive alla facoltà di Lettere, senza però completare gli studi.
Nel 1978 dopo la lettura delle Odi barbare di Carducci, compone i primi versi e nel dicembre del 1979, appena sedicenne pubblica a Chieti, a spese del padre, un libro di poesie intitolato “Primo vere”, recensito da G. Chiarini sul : “Fanfulla della Domenica”.
1881-1891: periodo romano
A Roma inizia, per il poeta, una più brillante avventura, letteraria e insieme, umana. Il periodo romano è caratterizzato dalla frequentazione dei salotti dove si immerge in una vita d’esteta, protesa fra amori e avventure, alla ricerca di piaceri raffinati.
Vaste ma non profonde sono, in questo periodo, le sue esperienze di cultura. Legge soprattutto i poeti del Decadentismo europeo, di cui assorbe i motivi di sensibilità più raffinata.
Diviene cronista mondano dell’aristocrazia della capitale collaborando a varie riviste, in particolare «Cronaca bizantina» (nell'82 incontrò Carducci nella redazione), il cui direttore A. Sommaruga si assicurò l'esclusiva della sua produzione con un contratto: nel 1882 uscirono, per la casa editrice della rivista, “Canto novo” e i bozzetti di “Terra vergine”, nel 1884 “Intermezzo di rime” e “Il libro delle vergini”, che concluse il rapporto col Sommaruga.
Dopo aver sposato nel 1883 Maria Hardouin del Gallese (che gli darà tre figli), nel 1884 venne assunto nella redazione della «Tribuna», a cui collaborò con regolarità fino al 1888; pubblicò il volume di novelle San Pantaleone (Barbera, Firenze 1886) e Isaotta Guttadauro e altre poesie (Edizioni della Tribuna, Roma 1886), che diventerà poi L'Isotteo - La Chimera (Treves, Milano 1889).
Nel 1888, ospite del pittore F. M. Michetti a Francavilla a Mare, scrisse “Il piacere”, pubblicato l'anno dopo da Treves (fu l'inizio di una collaborazione destinata a durare più di un trentennio).
“Il piacere”, ha un notevolissimo successo ed è la testimonianza più cospicua dell'estetismo italiano. D’Annunzio cerca di trasferire il suo gusto estetizzante anche nella vita, coltivando l’eleganza e indulgendo al gesto clamoroso.
Nel 1890 si separa dalla moglie, dal rapporto con la quale sono nati tre figli. Nel frattempo le precarie condizioni economiche lo costringono a ritornare al giornalismo.
1891–1894: periodo napoletano
Si trasferisce a Napoli e nel febbraio-marzo '91 esce su «Nuova Antologia» il breve romanzo analitico “ Dramatis persona” (poi Giovanni Episcopo, Pierro, Napoli 1892).
Dal dicembre '91 al febbraio '92 collabora sul «Corriere di Napoli» di Scarfoglio. Pubblica “L'innocente” (rifiutato da Treves per la sua audacia, il romanzo uscì in volume presso Bideri, Napoli 1892) e la la raccolta di liriche Elegie romane (1892)
Collaborò al «Mattino», su cui pubblicò “Il trionfo della morte”(febbraio-settembre 1893, aprile-giugno 1894).
Nel 1893 uscirono il “Poema paradisiaco” (Treves) il titolo della raccolta fu "imposto" a D'Annunzio dall'editore; il poeta, in quel momento in urto con il pubblico voleva titolarla: Margaritae ante porcos, Perle ai porci, dove è chiaro chi fossero i "porci" e cosa le "perle") e le “Odi navali” (Bideri).
Nel 1984 il romanzo Trionfo della morte è la collaborazione dell'94-95 al «Convito» di A. De Bosis, sul quale esce “Le vergini delle rocce” (ottobre '94 - giugno '95; poi in volume presso Treves, Milano 1896).
Sono gli anni di una più decisa apertura alla cultura europea, al simbolismo, a Wagner, a Nietzsche, un filosofo che aveva mitizzato la figura del superuomo e dal quale D’Annunzio ricava spunti di rinnovata energia intellettuale pur lasciando cadere tutta la parte filosofica che circonda questo mito e cogliendo soprattutto le indicazioni politiche e amorali del superuomo; così quella componente di trascuratezza morale, che è incarnata nel Il Piacere da Andrea Sperelli, si associa al mito della violenza e ad una grande volontà operativa, cioè ad un grande desiderio di agire soprattutto dal punto di vista politico.
Di questo superuomo emergono due componenti:
- l’ideologia antidemocratica: egli si caratterizza soprattutto con un grande disgusto della plebe, vuole elevarsi al di sopra delle masse ed ha disgusto soprattutto del regime democratico, dell’uguaglianza politica, sociale ed economica della collettività. Per questo è possibile dire che il superuomo è interprete del disagio della borghesia in questo momento di grandi rivendicazioni sociali; egli pensa che potrà ridurre all’obbedienza il “gregge” e che le plebi resteranno sempre schiave;
- l’atteggiamento di spingere alla guerra, vista come igiene del mondo, e quindi in guerra cercare quelle avventure che la pace e la tranquillità della vita borghese non potevano più offrire. In questo riconosciamo D’Annunzio, cioè per la sua attiva presenza nella vita politica italiana e per le imprese, che solo una dose di grande coraggio può indurre a compiere. Nell'estate dei 1895 compie un viaggio in Grecia, una crociera con Scarfoglio e De Bosis. Nel viaggio trova l’ispirazione per scrivere la tragedia “La città morta “e il poema “Laus vitae”. Al ritorno, incontra a Venezia Eleonora Duse.
La relazione con Barbara Leoni, iniziata all'incirca nel 1886, finisce agli inizi degli anni Novanta. Inizia una relazione con Maria Anguissola, principessa Gravina, da cui ha due figli, che finisce nel 1897 quando inizia la frequentazione con Eleonora Duse cui si lega stabilmente dal '97 dopo aver lasciato la Gravina.
Nel 1897 tentò l'avventura politica, ottenendo l'elezione al Parlamento con un programma «al di là della destra e della sinistra», che era di chiara impostazione nazionalistica ma tre anni dopo passò all'estrema sinistra schierandosi contro il governo Pelloux; ripresentatosi nel 1900 nelle liste socialiste, fu bocciato.
1898–1910: periodo de "La Capponcina"
Nel 1998 si trasferì a Settignano nella villa La Capponcina, poco lontano dalla residenza della Duse in Versilia; dove condusse una vita talmente dispendiosa caricandosi di debiti nonostante i cospicui guadagni ottenuti con le sue opere. Alle vicende dell’amore con la Duse è ispirato il romanzo “Il Fuoco” che fa scandalo(Treves, Milano 1900).
Nel 1902 le novelle del San Pantaleone uscirono, rimaneggiate, col titolo “Novelle della Pescara” e l'anno dopo i tre libri delle Laudi (Maia, Elettra, Alcione) cominciate nel 1899.
La relazione con la Duse attrasse l'interesse del D’Annunzio sul teatro: del 1897 è il “Sogno d'un mattino di primavera”, recitato dalla Duse a Parigi, del 1901 “la Francesca da Rimini”, del 1903, “La figlia di Iorio” (che sancì la rottura con l'amante), rappresentate con successo rispettivamente a Roma e a Milano; seguirono “La fiaccola sotto il moggio” (1905), il “Sogno d'un tramonto d'autunno” (1905), “La nave” (1907), “la Fedra” (1909), accolte con favore alterno dal pubblico.
Nel 1909, dopo il primo volo, scrisse il romanzo dell'aviatore “Forse che sì forse che no” (1910); intanto, il precipitare della sua posizione economica a causa del folle tenore di vita lo costrinse a riparare in Francia. in "volontario esilio", come egli disse con sconfinata impudenza.
1910–1915: periodo francese
Dopo un breve soggiorno a Parigi, si stabilisce ad Arcachon presso Bordeaux dove vive, lussuosamente circondato da ammiratori e da amanti, continuando, comunque, a seguire attentamente le vicende italiane.
“Il Martyre de S. Sébastien”, scritto in francese, viene rappresentato a Parigi nel 1911 con musiche di C. Debussy.
Tra il 1911 ed il 1912 escono, prima sul «Corriere della Sera» poi in volume come quarto libro delle Laudi (Merope).
Allo scoppio della guerra di Libia scrive “le Canzoni delle gesta d'oltremare” che inneggiavano alle mire espansionistiche italiane e nel 1913, le esili prose di “Leda senza cigno”
1915-1920: gli anni della guerra
Rientrato in Italia il 4 maggio 1915, tenne una serie di infuocati comizi interventisti a Genova e a Roma, poi partì volontario. Partecipò al conflitto come volontario ottenendo varie medaglie d'oro e d'argento e il grado di tenente colonnello per le sue imprese spericolate. In seguito a un incidente occorsogli durante un atterraggio di fortuna, perse un occhio. Costretto all'immobilità per un certo periodo, scrisse le bozze de “il Notturno” (1921), una serie di prose ritenute tra le cose di D'Annunzio più sincere e più intense.
Al termine della guerra promosse nel 1919-20 l'impresa di Fiume, conclusasi con la capitolazione per l'energico intervento del governo Giolitti.
Amareggiato, si ritirò nella villa di Gardone che trasformò in uno spettacolare scenario ispirato alle sue gesta e alle sue opere.
1921–1938: gli ultimi anni
Dal 1921 vive sul lago di Garda, a Gardone Riviera a villa Cargnacco di Garda trascorrendovi gli anni fino alla morte in volontaria clausura.
Di qui salutò con grande favore l'avvento del fascismo ma Mussolini, mentre da una parte lo ricolmò di favori e di onori, dall'altra lo tenne alla larga dalla politica consegnandolo al ruolo angusto e inoffensivo di poeta nazionale (nomina a principe di Montenevoso, nel 1924).
Nel 1924 e nel 1928 cura l'edizione delle “Faville del maglio” e del 1935 sono le Cento e cento e cento e cento pagine del libro segreto di Gabriele. D’Annunzio tentato di morire, che insieme al Notturno oggi gode di molta attenzione da parte dei critici.
Nel 1926, quando venne creato l'«Istituto nazionale per l'edizione di tutte le opere di Gabriele. D’Annunzio», tracciò egli stesso il programma editoriale. Diede il suo contributo all'impresa coloniale con le prose di “Teneo te, Africa” (Mondadori, Milano 1936); al contempo trovò un'ispirazione più autentica in alcune pagine meditative e autobiografiche.
Nel 1937 viene nominato presidente dell'Accademia d'Italia; muore il 1° marzo 1938 per emorragia celebrale dopo aver trascorso gli ultimi anni in un isolamento tanto splendido quanto intimamente vuoto.
Nell’opera di D’Annunzio la vita dell’autore e la letteratura non solo si rispecchiano, ma l’esistenza privata diventa spettacolo per il pubblico, attirando sul poeta un interesse mai raggiunto da nessun autore italiano precedente e contemporaneo. E’ un artista inimitabile, anche grazie a gesta clamorose e avventurose, come l’impresa di Fiume.
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