Gabriele D'Annunzio: la poetica
La poetica e la poesia del D’Annunzio sono l’espressione più appariscente del Decadentismo italiano.
Dei poeti decadenti europei egli accoglie modi e forme, senza però approfondirne l’intima problematica, ma usandoli come elementi decorativi della sua arte fastosa e composita.
Aderisce soprattutto alla tendenza irrazionalistica e al misticismo estetico del Decadentismo, collegandoli alla propria ispirazione narrativa, naturalistica e sensuale.
Egli rigetta la ragione come strumento di conoscenza per abbandonarsi alle suggestioni del senso e dell’istinto; spesso vede nell’erotismo e nella sensualità il mezzo per attingere la vita profonda e segreta dell’io.
Egli cerca una fusione dei sensi e dell’animo con le forze della vita, accogliendo in sé e rivivendo l’esistenza molteplice della natura, con piena adesione fisica, prima ancora che spirituale. E’ questo il “panismo dannunziano”, quel sentimento di unione con il tutto, che ritroviamo in tutte le poesie più belle di D’Annunzio, in cui riesce ad aderire con tutti i sensi e con tutta la sua vitalità alla natura, s’immerge in essa e si confonde con questa stessa.
La poesia diviene quindi scoperta intuitiva; la parola del poeta, modulata in un verso privo di ogni significato logico, ridotta a pura musica evocativa, coglie quest’armonia e la esprime continuando e completando l’opera della natura.
La sua vocazione poetica si muta poi in esibizionismo e la poesia vuol diventare atto vitale supremo, una sorta di moralità alla rovescia, estremamente individualistica e irrazionale. Abbiamo allora l’esaltazione del falso primitivo, dell’erotismo o quella sfrenata del proprio io, indicata nei due aspetti dell’estetismo e del superomismo.
L’estetismo è in definitiva il culto del bello, in pratica vivere la propria vita come se fosse un’opera d’arte, o al contrario vivere l’arte come fosse vita.
Quest’atteggiamento, preso dal Decadentismo francese, è molto consono, corrispondente cioè alla personalità del poeta. Quindi l’esteta si limita a realizzare l’arte, ricercando sempre la bellezza; ogni suo gesto deve distinguersi dalla normalità, dalle masse. Di conseguenza vengono meno i principi sociali e morali che legano al contrario gli altri uomini.
A differenza di questo il superuomo assomiglia all’esteta, ma si distingue per il suo desiderio di agire.
Il superuomo considera che la civiltà è un dono dei pochi ai tanti e per questo motivo si vuole elevare al di sopra della massa; è l’esteta attivo, che cerca di realizzare la sua superiorità a danno delle persone comuni.
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