Confronto tra Decadentismo e Romanticismo
Oggi però il termine Decadentismo non ha più alcun significato negativo e dispregiativo, in quanto serve ad indicare, sul piano storico – culturale, la civiltà sorta dalla crisi del Positivismo.
Mentre fuori d’Italia – in Francia, in Inghilterra, in Germania – esso qualifica specificamente una corrente letteraria del tardo 800, in Italia la parola ha finito per indicare tutta la letteratura e la civiltà del 900.
Anche il Decadentismo, come il Romanticismo, è un fenomeno europeo
Gli artisti e gli scrittori che lo rappresentano appartengono ai più diversi Paesi dimostrando così, per la comunanza dei motivi e delle forme, unità profonda della cultura europea.
Il Decadentismo, però, ebbe il suo centro di irradiazione in Francia, dove furono elaborate le più importanti poetiche del movimento, quasi tutte derivate da intuizioni presenti nell’opera di Charles Baudelaire (1821- 1867), considerato, per questo, il padre della poesia moderna.
A fare della Francia la patria del decadentismo concorsero due ragioni: 1) La prima è di natura, per così dire, fortuita; e cioè, quel miracoloso contemporaneo fiorire di artisti, poeti e scrittori, i quali ridiedero alla Francia il primato della cultura che già era stato suo nel XII secolo, al tempo della letteratura franco – provenzale, nel 600, al tempo del razionalismo cartesiano, e nel 700, al tempo dell’Illuminismo. 2) L’altra ragione è di carattere storico - letterario. Infatti il Romanticismo per la Francia era stato un “movimento piuttosto ricevuto che autonomamente creato… Non solo infatti la filosofia idealistica ricevette in Francia una mediocre diffusione, ma la letteratura e la poetica del Romanticismo stentarono a diffondersi” perciò in Francia restavano “aperti e vivi temi e problemi (quali la rivoluzione delle forme, l’idea della poesia come creazione assoluta, l’allargamento psicologico e sociale dei contenuti della letteratura) che altrove, in Germania, in Italia, in Inghilterra, avevano trovato soddisfacenti soluzioni”.
Quel rinnovamento di contenuti e forme, dunque, che altrove si era verificato nella prima metà dell’800, in Francia si verificò soltanto nella seconda metà del secolo, e avvenne in modo tanto più radicale e convulso quanto più fu violenta, per ragioni filosofiche e storiche, l’esigenza di rompere con la tradizione e di creare un arte assolutamente nuova.
Il Decadentismo sorge come reazione alla crisi del Positivismo e del pensiero scientifico.
Verso la fine dell’800, filosofi, matematici e scienziati (Le Roy, Poincarè, Mach, ecc) misero in evidenza i limiti del Positivismo e della scienza stessa, alla quale si riconosceva solo il carattere pratico di classificare e spiegare i fenomeni naturali negando ogni carattere assoluto e definitivo alle sue conoscenze.
Questi limiti saranno resi ancora più evidenti dalla teoria della relatività di Einstein e dalla nuova fisica (Bohr, Plank, Heisenberg, ecc) che – in contrasto con la fisica classica di Galilei e Newton, fondata sull’ordine meccanico della natura sulla prevedibilità dei fenomeni – diventa una disciplina probabilistica che ammette l’indeterminatezza l’imprevedibilità e la relatività dei fenomeni, perché essi dipendono dal luogo in cui ci troviamo, dalla velocità e dalla direzione del movimento.
Ne derivano la sfiducia nel Positivismo e nella ragione e del sorgere di nuove correnti spiritualistiche ed irrazionalistiche, come le filosofie esistenzialistiche (Kierkegaard, Jaspers, Heidegger), il Contingentismo di Boutroux, l’Intuizionismo di Bergson, l’Immanentismo di Blondel, il Pragmatismo di James, il Neoidealismo di Croce e Gentile ecc.
La psicanalisi, infine, la nuova scienza fondata dall’austriaco Sigmund Freud (1856 - 1939), secondo la quale certe nostre azioni non sono scelte autonome e razionali, ma l’effetto di incoercibili impulsi interiori, che ignoriamo perché sfuggono ala nostra coscienza, sembrò dare una base scientifica alla visione della vita del decadentismo.
La sfiducia nella ragione prima tanto esaltata dal Positivismo, determinò nel campo morale la crisi dei valori tradizionali (la libertà, la patria, il progresso ecc.) generando insicurezza, scetticismo e quel senso di angoscia esistenziale che, presente in tutte le civiltà, da quella precristiana a quella cristiana, era stata lenita e consolata dalla fede in Dio e nella sua giustizia (in questa vita e in quella dell’oltretomba). Ma, perdutasi ormai la fede religiosa per effetto delle negazioni positivistiche, la nuova angoscia fu senza lenimento e senza conforto e si tradusse spesso nella maledizione dell’esistenza stessa: essa appare scolorita, banale, senza scopo e senza significato, dominata dalla noia, dal senso del mistero e della solitudine dell’uomo, persino dal desiderio dell’annientamento e dell’autodistruzione.
Per gli spiriti psichicamente fragili, incapaci di padroneggiare i propri sentimenti, lo sbocco di questa angoscia fu una fuga dalla realtà, attuata in vari modi: con i disordini morali, le sregolatezze dei sensi, i paradisi artificiali della droga; con tutte quelle manifestazioni di vita, di costume e di cattivo gusto che hanno qualcosa di eccentrico, insano e irrazionale. Non di rado, tuttavia, queste nuove avventure dello spirito per vincere l’angoscia esistenziale si conclusero con la coscienza del fallimento e col ritorno alla fede religiosa, come avvenne per Huysmans, Verlaine, Rimbaud e ad altri.
A prima vista può sembrare il Decadentismo sia la ripresa del soggettivismo romantico, dopo la parentesi del Realismo, e sotto certi aspetti è vero, tanto che alcuni definiscono il Decadentismo terzo Romanticismo e ne trovano le origini remote nella tendenza mistica del Romanticismo tedesco ad attingere l’Assoluto (Novalis, ecc.).
Ma tra il Romanticismo e il Decadentismo è passata l’esperienza del Positivismo e del Realismo: fu il loro fallimento, per reazione, a spingere il Decadentismo all’estremo soggettivismo e all’ irrazionalismo assoluto.
Ed è proprio in questo che consistono le differenze dal romanticismo.
Anzitutto mentre l’individualismo romantico tendeva all’affermazione dell’Io per reazione all’egualitarismo e all’appiattimento predicato dall’Illuminismo, l’individualismo decadente si fonda sull’analisi narcisisticamente compiaciuta delle proprie sensazioni, opposta al principio dell’impersonalità dell’opera d’arte predicata dal Naturalismo e dal Verismo. Perciò, mentre l’uomo romantico contrappone alla ragione il sentimento, l’uomo decadente contrappone ad essa qualcosa di ancora più profondo e misterioso: l’inconscio e il subcosciente, la zona cioè, più oscura, profonda e inesplorata dell’essere. Il decadente non parla di sentimento, che considera qualcosa di comune, di mediocre, di banale ma di “sensazioni”, tanto più valide ed esaltanti quanto più sono eccezionali, rare, raffinate, esperte di ogni voluttà.
Inoltre, mentre l’individualismo romantico si accompagna sempre ad un senso di solidarietà, l’individualismo decadente recide ogni legame con gli altri uomini, concepisce cioè l’individuo chiuso in se stesso, estraneo o indifferente agli altri. Si tratta di un individualismo asociale e a volte addirittura antisociale, dovuto alla mancanza di una fede o di un ideale capace di generare solidarietà con il prossimo. Deriverà poi da questo esasperato senso dell’individualità, l’involgarimento del mito del superuomo (elaborato da Nietzsche), al quale tutto è dovuto e permesso per l’eccezionalità della sua persona.
Il Romanticismo, di natura sinceramente democratica, ispirò sia il liberalismo che il socialismo. Il Decadentismo, di ispirazione in genere elitaria ed aristocratica – perché il decadente si compiace della essenza eccezionale della propria personalità - favorì, invece, il culto della personalità ed il sorgere dei partiti totalitari (Comunismo, Fascismo, Nazismo).
Ancora un’altra differenza tra Romanticismo e Decadentismo consiste nel diverso atteggiamento nei confronti della ragione.
Il Romanticismo aveva rifiutato l’astratta ragione degli Illuministi, ma l’aveva, comunque, considerata capace di interpretare la realtà e di elaborare principi universali.
Il Decadentismo nega alla ragione questo potere, e non solo spazza via la ragione universale, ma anche quella individuale. E nel negare ogni validità ai valori universali (il bene, il male, la famiglia,la patria, la morale, la religione ecc.), giunge alla disgregazione della persona alla centrifugazione dell’uomo, per cui egli è nello stesso tempo ”uno, nessuno, centomila”.
Un’altra differenza, infine, tra Romanticismo e Decadentismo possiamo riscontrarla nel senso del mistero, pur comune ai due movimenti.
Il senso del mistero nel Romanticismo ebbe carattere attivo di ricerca, perché era sorretto dalla volontà di spiegarlo, per scoprire al di là di esso il valore assoluto dell’uomo e del suo destino. Così avevano fatto gli idealisti tedeschi da Kant a Hegel con la dottrina dello spirito universale, di cui il singolo uomo è partecipe; così avevano fatto il Foscolo con la sua fede nelle ”illusioni”, e il Manzoni con la sua conversione alla religione cristiana.
Nel decadentismo, invece, il senso del mistero non è attivo, ma passivo e contemplativo in quanto “più sofferto che esplorato con un doloroso smarrimento di fronte alla sua impenetrabilità e con un senso di desolata solitudine”, che fiacca la volontà di ricerca e porta allo scetticismo (ossia alla distruzione di qualsiasi fede), al solipsismo (ossia ad una forma di individualismo esasperato), alla incomunicabilità (ossia all’impossibilità di un vero colloquio con gli altri).
E impossibile abbattere il muro d’ombra (Ungaretti : “La Madre”) o la muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia (Montale : “Meriggiare pallido e assorto”).
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